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La ceramica varesina tra arte e industria

Una tradizione che risale al Settecento e che, dopo una intensa stagione industriale, prosegue oggi con espressioni rilevanti dell'artigianato artistico. La memoria storica della produzione del passato affidata alla sezione varesina dell'Associazione Nazionale della Ceramica.

Se dovessimo raccontare, a ospiti venuti a visitare la nostra provincia, alcune delle tradizioni storiche e culturali di questo territorio, credo che, quasi certamente, ometteremmo di menzionare la ceramica. In tal modo, faremmo, senza dubbio, un grave torto alla nostra storia!
Come dimenticare la "Società Ceramica Italiana " che fu una delle maggiori industrie italiane del settore. Un marchio famoso ancora oggi attraverso le migliaia di pezzi che affollano collezioni e mercatini e che decorano le tavole di tantissimi italiani. Un'attività industriale che vanta una storia di centocinquantanni e che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell'arte attraverso i suoi grandi direttori artistici: Guido Andloviz, Angelo Biancini e Antonia Campi. Un'attività che continuerà fino a pochi anni or sono con il marchio Richard-Ginori, nella sede di Laveno e altrove: a Milano, sul Naviglio Grande, e a Firenze.
Sicuramente continueremmo a perseverare nel nostro errore non tenendo in conto la produzione delle ceramiche di Castello Cabiaglio, Cunardo e Ghirla, dove già nel Settecento brillavano i fuochi delle fornaci.
A salvare la memoria su questa tradizione ha, recentemente, rimediato l'Anac, Associazione Nazionale della Ceramica, con la sua delegazione di Varese e provincia. Questa associazione, attraverso il suo costante e laborioso impegno, mantenuto nel tempo con grande passione da tanti generosi volontari, sta lanciando un chiaro sguardo verso l'arte della ceramica italiana puntando alla valorizzazione dei manufatti e documentazione della tradizione varesina.
Tale iniziativa è stata resa possibile con la mostra di ceramiche organizzata a Varese presso la sala Veratti, in collaborazione con i Musei Civici di Varese. E' stata raccolta ed esposta una serie d'importanti manufatti che illustrano la produzione delle fornaci di Castello Cabiaglio Ghirla e Cunardo.
Per la prima volta la ceramica settecentesca varesina e le sue colte radici storiche sono uscite dalla ristretta cerchia degli appassionati locali, per presentarsi al vasto pubblico nazionale e internazionale. Gli oggetti hanno messo in luce un'importante attività produttiva che era attiva sin dal Settecento, così come si poteva evincere dai documenti esposti.
Il XVIII secolo fu un periodo di grande importanza per la storia della ceramica. Un'epoca ove si svilupparono due grandi crisi del mercato dei manufatti che influenzarono profondamente l'evoluzione della ceramica europea; come riportato nell'articolo di Andrea Griffanti, noto esperto di ceramica, pubblicato sulla rivista Ceramica Antica nel mese di luglio-agosto 2006.
La prima crisi avvenne attorno al 1720 con l'avvento della produzione di porcellana europea; mentre, la seconda, coincise con l'anno 1770, epoca che segnò la diffusione della ceramica detta dai cultori "ceramica all'inglese". Tale tecnologia, che impiegava un nuovo materiale argilloso, provocò una profonda decadenza della produzione delle maioliche lodigiane e milanesi.
In quest'epoca fu fondata da Antonio Francesco Adamoli la manifattura varesina di Castello Cabiaglio. Il luogo dell'attività fu scelto soprattutto per la presenza in loco sia d'argille di buona qualità, sia di combustibile per le fornaci a cui si sarebbe aggiunta un'oculata decisione del Governo Imperiale austriaco che concedeva importanti esenzioni daziarie alle imprese. Della fabbrica si persero le tracce con l'arrivo delle truppe napoleoniche. Attorno al 1821 la fornace era divenuta proprietà dei fratelli Giuseppe e Satiro Monticelli che cedettero la gestione a Giovanni e Francesco Artioli. Secondo le notizie storiche disponibili, la fabbrica chiuse definitivamente le sue attività nel 1876.
Sempre alla fine del Settecento erano attive nell'alto Varesotto altre fabbriche di maiolica: una a Ghirla, in Valganna e l'altra a Cunardo. Su quest'ultima manifattura sono state tramandate molte notizie riguardo ad una "mitica" fondazione in epoca romana, ma per doveroso rigore scientifico dobbiamo affermare che mancano i riscontri documentali.
Abbiamo documenti, invece, per il tardo XVIII secolo. Questi vennero riportati dal Curato di Premia in Val Formazza, tale Don Toietti. Il sacerdote, fondatore della manifattura ceramica di Premia, dopo un decennio di difficoltà nell'avvio e nella gestione dell'attività, si recò proprio a Cunardo per chiamare alle sue dipendenze Domenico Baronio, un esperto vasaio cunardese, che riuscisse a risollevare le sorti dell'attività intrapresa.
Al momento si conosce un solo manufatto sicuramente attribuibile alla fabbrica di Cunardo, oggi conservato nelle collezioni del Museo del Castello Sforzesco. In seguito, la proprietà della fabbrica di Cunardo passò alla Famiglia Andreani. Un certo Davide Andreani fu ricordato per la sua produzione di terraglie con argille di importazione nei primi anni dell'Ottocento. Purtroppo quest'attività non fu sviluppata. I testi riportano di altri componenti della famiglia Andreani presenti nell'attività. A Cunardo operava anche la ditta Bianchi & C che nel 1880 dava lavoro a trenta persone. La manifattura Andreani & Vegezzi partecipò all'esposizione di Varese del 1866 e all'esposizione Nazionale di Milano del 1881.
Restano documenti anche della ditta di Bernardino Andreani, mentre nel 1903, per opera di un'indagine promossa dalla Camera di Commercio di Varese, è citata una fornace di terraglia sita a Cunardo che impiegava tredici operai. Questa fabbrica chiuderà attorno agli anni che precedono il primo conflitto mondiale.
Dall'Annuario delle imprese artigianali della Provincia di Varese del 1962, rileviamo l'attività della manifattura Ceramica di Cunardo di "G. Coronetti e Fratelli", del laboratorio del ceramista Paolo Reggiani, oltre a quella della manifattura Ibis di Paolo Robustelli . Quest'ultima fu fondata nel 1951 e, grazie ad un costante impegno artistico, essa riunirà con il trascorrere degli anni, attorno alla fornace, tantissimi artisti tra cui Fontana, Guttuso, Pozzi, Sangregorio, Frattini, Arp e molti altri.
Grazie ai fratelli Giorgio e Gianni Robustelli l'attività della manifattura ceramica Ibis prosegue fino ad oggi mescolando sapientemente tradizione con innovazione.
Veniamo alla manifattura di Ghirla, probabilmente iniziata sul finire del settecento. Secondo la documentazione nel 1825 circa, l'azienda fu acquistata da Paolo Alessandro Righini a cui, in seguito, subentrò il bergamasco Giovanni Bettolli. Questi introdusse, dalla manifattura di Campione d'Intelvi oggi chiamato Campione d'Italia, la ricetta per la produzione di terraglia dolce tipicamente dipinta con una bellissima cromia blu cobalto. Al comando si succedettero diversi proprietari fino al varesino Carlo Ghisolfi che nel 1892 modernizzò il processo produttivo. Dal 1910 si riscontra sulla produzione il famoso marchio ovale incusso riportante il nome Ghirla, tanto ricercato da appassionati e collezionisti.
Nel 1932 divenne proprietario il figlio Carlo Junior, che affidò la direzione artistica e decorativa al pittore varesino Giuseppe Talamoni. Di questo felice periodo si conoscono alcuni pregevoli pezzi decorati. A questo maestro si aggiunse il decoratore Guerrino Brunelli d'origine pesarese che viene riportato già attivo dall'anno 1928. In particolare, a lui si devono i noti stilemi decorativi d'ispirazione umbro-marchigiana.
Non possiamo omettere di citare altri grandi decoratori quali Figini, Campagnani, Banfi, Cervini, Maria Epimedio ed Ines Pella. Quest'ultima è anche ricordata per avere fondato a Marchirolo una piccola bottega che produsse rari manufatti con decorazioni ispirate alla tradizione della maiolica italiana del Quattro-Cinquecento. Nel 1950 la famiglia Ghisolfi cessò l'attività chiudendo la storia della ceramica di Ghirla.
Terminiamo con l'auspicio che gli studi da tempo sostenuti anche da questa testata, dedicati alla valorizzazione dell'iniziativa imprenditoriale varesina nei secoli, stimolino le istituzioni a cogliere la notevole versatilità delle nostre popolazioni e del nostro territorio, chissà forse imitando l'intelligente programma settecentesco del Governo Imperiale Austriaco.

01/19/2007

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